Liturgia della Domenica - 28 Ottobre

gesu e peccatoreGesù è l’unico mediatore tra l’umanità peccatrice e Dio Padre. Se Dio nei tempi antichi ha liberato il suo popolo, Gesù, come nella guarigione dell’uomo cieco, libera tutti noi dal male più grave, che è il peccato.

DISSERO AL CIECO: «CORAGGIO, TI CHIAMA!»

Commento - Disegno: Stefano Pachì

Il profeta Geremia annunzia al suo popolo in esilio che il Signore «lo ha salvato», ponendo fine alla sua schiavitù. Dio stesso lo radunerà dall’estremità della terra, dove si trova disperso; lo ricondurrà in patria, lo riporterà tra le consolazioni. Nessuno dovrà preoccuparsi: né il cieco, né lo zoppo, né la partoriente. Costoro lungo la strada non troveranno inciampi. Dio è un padre per Israele! (I Lettura). 

Il Vangelo ci insegna che Gesù non lascia per strada nessuno. Dio stesso lo ha solennemente costituito per sempre “Sommo sacerdote” per il bene degli uomini, in grado di sentire giusta compassione per la loro debolezza e di offrire addirittura se stesso in sacrificio per tutti i loro peccati (II Lettura). 

Che cosa ci insegna il cieco Bartimeo, che sedeva lungo la strada a mendicare? Al sentire che passava Gesù, non si lascia sfuggire l’occasione e grida a squarciagola: «Gesù, abbi pietà di me!». Il successo è garantito, perché Gesù dà ordine di chiamarlo e gli ridona la vista. È stata la sua fede a salvarlo, afferma Gesù. Sarà ancora la fede a fare di lui un discepolo (Vangelo).

GESÙ, «PANE DELLA VITA»

Troviamo nel Vangelo secondo Giovanni alcune espressioni con le quali Gesù ama definire se stesso e che si possono considerare uno sviluppo della sua rivelazione come “Io Sono”. 

Definendosi «Io sono il pane della vita», «Io sono la luce del mondo», «Io sono la via, la verità e la vita», «Io sono la vite vera», Gesù rivela che egli è in assoluto ciò che queste immagini significano nell’esperienza di ogni uomo. Le presenteremo in questa loro successione. 

«Io sono il pane della vita» (Gv 6,34.48) è la definizione che Gesù dà di se stesso nella catechesi sull’Eucaristia, racchiusa nel capitolo 6 del Vangelo secondo Giovanni. 

Gesù presenta il suo corpo e il suo sangue come nutrimento spirituale di cui l’uomo non può fare a meno per avere la vita. La vita è intesa non in senso biologico, materiale (come indica il termine greco bìos), ma nella sua dimensione profonda, spirituale, chiamata alla comunione con Dio (come indica il termine zoè). 

Gesù si definisce anche «pane disceso dal cielo» (Gv 6,33.41.50) per indicare la verità della sua incarnazione e la superiorità del “pane” da lui offerto nei confronti della manna, offerta da Dio al popolo di Israele nel deserto (Gv 6,31-33). Questa era un cibo provvisorio («I vostri padri hanno mangiato la manna e sono morti », Gv 6,49), mentre il pane offerto da Gesù è quello definitivo: chi lo mangia «vivrà in eterno» (Gv 6,51).