Commento alla Parola - Don Claudio

XXXII Domenica del Tempo Ordinario Matteo 25, 1-13

verginiPrima parte del capitolo 25 di Matteo che chiude l’anno liturgico e che ci accompagnerà in queste ultime tre domeniche. Vergini, talenti e giudizio finale.Gesù narra la parabola delle dieci vergini invitate a una festa nuziale, simbolo del Regno dei cieli. Ai tempi di Gesù c’era la consuetudine che le nozze si celebrassero di notte; pertanto, il corteo degli invitati doveva procedere con le lampade accese. Alcune damigelle sono stolte: prendono le lampade ma non prendono con sé l’olio; quelle sagge, invece, assieme alle lampade prendono anche dell’olio. Lo sposo tarda a venire, e tutte si assopiscono. 

Quando una voce avverte che lo sposo sta per arrivare, le stolte, in quel momento, si accorgono di non avere olio per le loro lampade; lo chiedono alle sagge, ma queste rispondono che non possono darlo, perché non basterebbe per tutte. Mentre le stolte vanno a comprare l’olio, arriva lo sposo. Le ragazze sagge entrano con lui nella sala del banchetto, e la porta viene chiusa. Le altre arrivano troppo tardi e vengono respinte.

È chiaro che con questa parabola, Gesù ci vuole dire che dobbiamo essere preparati all’incontro con Lui. Non solo all’incontro finale, ma anche ai piccoli e grandi incontri di ogni giorno in vista di quell’incontro, per il quale non basta la lampada della fede, occorre anche l’olio della carità e delle opere buone. La fede che ci unisce veramente a Gesù è quella, come dice l’apostolo Paolo, «che si rende operosa per mezzo della carità». È ciò che viene rappresentato dall’atteggiamento delle ragazze sagge. Essere saggi e prudenti significa non aspettare l’ultimo momento per corrispondere alla grazia di Dio, ma farlo attivamente da subito, cominciare da adesso.

(Non rimandare a domani quello che possiamo fare oggi… per sentirci dire: “Non vi conosco”…) Se vogliamo essere pronti per l’ultimo incontro con il Signore, dobbiamo sin d’ora cooperare con Lui e compiere azioni buone ispirate al suo amore. Noi sappiamo che capita, purtroppo, di mettere in secondo piano la meta della nostra vita, cioè l’appuntamento definitivo con Dio, smarrendo così il senso dell’attesa e assolutizzando il presente. Quando mettiamo al primo posto e pensiamo solo al presente, perdiamo il senso dell’attesa, un senso che è bello, necessario, e anche ci butta fuori dalle contraddizioni del momento.

Questo atteggiamento - quando si perde il senso dell’attesa - preclude ogni prospettiva sull’al di là: si vive come se dovessimo rimanere qui per

sempre. E allora ci si preoccupa soltanto di possedere, di emergere, di sistemarsi… inseriti in un vortice che a poco ci porta. Se ci lasciamo guidare da ciò che ci appare più attraente, da quello che mi piace, dalla ricerca dei miei interessi, la nostra vita diventa sterile; non accumuliamo alcuna riserva di olio per la nostra lampada, ed essa si spegnerà prima dell’incontro con il Signore.

Dobbiamo si vivere l’oggi, ma l’oggi che va verso il domani, verso quell’incontro, l’oggi carico di speranza. Se siamo vigilanti e facciamo il bene corrispondendo alla grazia di Dio, possiamo attendere con serenità l’arrivo dello sposo. Così quando Egli verrà ci troverà pronti e disponibili ad entrare con Lui al banchetto delle nozze eterne.

Don Claudio