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Liturgia della Domenica 2 Febbraio - Il commento di Don Claudio
In questo 2 febbraio, a 40 giorni dalla solennità del Natale, la Chiesa ci invita a celebrare la festa della Presentazione del Signore al Tempio. Un rito prescritto dalla legge ebraica alla quale, Maria e Giuseppe, non si sottraggono. Presentano il loro figlio al Signore. I 19 versetti del Vangelo odierno, che raccontano quanto accade al Tempio offrono certamente una ricchezza di particolari e le stesse persone che compongono questa scena raccontano il loro incontro con il Figlio di Dio. Giuseppe e Maria, Simeone e Anna. Un bimbo di 40 giorni, due giovani genitori e un uomo giusto avanti negli anni al quale si affianca Anna, della quale il Vangelo riporta anche l’età, che si unisce nella lode per quel piccolo. È un insieme di emozioni. È il compimento di un’attesa. Simeone può anche concludere la sua vita perché ora ha potuto vedere la Salvezza del Signore manifestata da quel bambino che è luce e gloria del popolo di Israele. Ma Simeone ha parole molto dure in un certo qual senso quando si rivolge a Maria: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione affinché siano svelati i segreti di molti cuori e anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Parole che risuonano come profezia per ciò che sarà Gesù e per quello che vivrà Maria. Il tramonto di una vita che accoglie l’alba di una vita. Un’accoglienza non solo esteriore, non solo emotiva, non solo dettata dalla circostanza, ma che investe tutta la persona, che la riempie di gioia e sembra darle un senso ultimo al punto tale che lo stesso Simeone esprime nelle parole: “Ora lascia che il tuo servo vada in pace”.
La nostra vita è portata avanti tra la famiglia, gli impegni di lavoro, le preoccupazioni che non mancano, tra gioie e sofferenze. Forse talvolta manca questa tensione, questo tendere verso, Colui che deve illuminare la nostra esistenza, Colui che le dà un senso ultimo che, se non stiamo attenti, può sfuggirci di mano e può portarci a ridurre la vita ad un insieme di situazioni, di cose da fare, di impegni da espletare... Gesù è luce che rischiara il nostro cammino ed è riferimento continuo per la nostra vita e soprattutto per la vita di fede.
Chiediamoci: lo è veramente? Le nostre giornate, le nostre relazioni, le nostre scelte, il nostro dirci cristiani... parte da un incontro autentico con il Signore Gesù che illumina e rischiare la nostra vita? O tante volte presumiamo che sia così... ma la concretezza della vita poi ci porta altrove e non sempre il Signore Gesù è luce che rischiara la nostra vita, punto di riferimento per il nostro dirci cristiani. La festa odierna ci sproni una volta di più a mettere la luce di Gesù al centro della nostra vita perché Lui e solo Lui la possa rischiarare.