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Liturgia della Domenica 28 Dicembre - Il commento di Don Claudio
Nella liturgia del Natale, in questo quarto giorno dell’Ottava, la Chiesa ci invita a celebrare la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Nel presepe che allestiamo, al centro vi sono proprio loro: il Bambino, sua Madre e Giuseppe! Per tutto il tempo del Natale, che si chiuderà con la festa del Battesimo di Gesù, siamo invitati a contemplare questo quadro familiare. Un richiamo che ha attraversato i secoli e che ha visto generazioni e generazioni identificarsi con un padre, una madre e un figlio. Sottolineo questo aspetto perché oggi la famiglia naturale sembra essere caduta in disgrazia, perché altri sono i modelli che vengono imposti e, se da una parte possiamo e dobbiamo avere tutto il rispetto che umanamente va dato, dall’altra parte non possiamo non difendere e proporre quanto oggi siamo chiamati a celebrare. Del resto per quanto possiamo argomentare la vita nasce dal dono reciproco di un uomo e di una donna... ed è un fatto naturale prima ancora che religioso o cristiano.
Il Vangelo di Matteo scelto per la celebrazione odierna mette al centro in particolare la figura di Giuseppe. Nello spazio di pochi versetti, per ben tre volte, in sogno, Giuseppe è avvertito di ciò che deve fare. Giuseppe sogna, e più che immagini, sogna parole, annunci che gli vengono fatti. Egli sogna, stringe a se’ la sua famiglia e si mette in cammino. Sognare è il verbo di chi non si accontenta del mondo così com’è. Un frammento di sogno, caduto dentro gli ingranaggi duri della storia, è sufficiente a modificarne il corso. Anche noi abbiamo una Parola che è più di un sogno, ... sogno di cieli nuovi e terre nuove, il Vangelo, che può dare un impulso diverso alla nostra vita. Una parola che come succede per Giuseppe, è sufficiente per partire e ripartire. Quel poco che arriva a Giuseppe potrebbe sembrare insufficiente per avere un quadro d’insieme di ciò che lo attende. Ma egli si fida, e si mette in cammino. Se sognare è il primo verbo, camminare andare è il secondo verbo. Saper sognare a partire dalla Parola che il Signore ci dona e mettersi in cammino. E quindi aver cura, custodire. Ognuno di noi, è chiamato a custodire le persone care che il Signore gli ha posto accanto. Questo vale in primis per i genitori nei confronti dei figli. La cura e l’amore che si hanno fin dai primi momenti della vita devono essere portati avanti per il tempo della vita. Ma lo stesso vale per i figli che devono custodire i loro genitori... soprattutto quando la ruota della vita prosegue e sono loro ad avere bisogno. Ma il custodire vale anche per le famiglie dei figli, per le famiglie delle persone con cui percorriamo un tratto di strada della vita. Vale per la nostra comunità...
Più che le parole, come ci insegna Giuseppe, vale la disponibilità a lasciarci guidare dalla Parola per poi metterci in cammino e saper custodire quanti il Signore ci affida.